giovedì 27 dicembre 2007

Cercando un regalo

io: senta, volevo vedere il termoscud della tucano per il passeggero.
lei: che motorino?
io: no, è quello per il passeggero, è indipendente dal motorino.
lei [spazientita, alle 9 e mezzo di mattina]: sì, ma per quale motorino?
io [tranquillo, perché sono ancora le 9 e mezzo di mattina]: ho un fulltime, quello col tettino [e lo indico fuori dalla vetrina].
lei [sul punto di bestemmiare]: il modello!
io [ancora tranquillo]: fulltime [e continuo a indicarlo].
lei lo guarda, come se fosse comparso dal nulla in quel momento e urla: CHE MARCAAAA!? [PER DIOOO! non l'ha detto ma l'ha pensato].
io: renault.
lei: vediamo.
poi scompare per dieci minuti e il vecchio dietro il bancone, immagino il suocero, mi dice: torna subito eh, ma si vedeva che sperava di no, anzi.
lei torna e dice: devo telefonare a claudio: claudio, abbiamo il termoscud per il renault... [Rivolta a me] Che modello?
io, considerato che sono le nove e tre quarti, posso iniziare a incazzarmi, e le dico: il modello non c'entra niente, è per il passeggero.
lei: [rivolta a claudio] dice che è per il passeggero [il coglione... Non l'ha detto ma l'ha pensato].
claudio, immagino il marito, dice qualcosa di fondamentale, infatti lei torna in magazzino, prende il termoscud, lo passa al suocero e si mette a scrivere un sms.
io dico: ah, lo immaginavo diverso, no, vabbè, non fa niente, grazie comunque, arrivederci.
il vecchio mi guarda con gli occhi lucidi, sembra voglia dire: portami con te.
e invece mi dice: buona giornata, ma si vede che non ci crede tanto.

giovedì 6 dicembre 2007

Berlino parte seconda: carta da regalo


Nel centro di Berlino ci sono 60 mercatini natalizi: questo significa che l’uscita di uno è l’entrata di un altro.
Io ne ho visti almeno tre o quattro, ma mica perché me li andavo a cercare, perché uno cammina e ci si trova in mezzo, senza neanche accorgersene.
In questi mercatini non è che ci sia poi questo granché, va tantissimo il grog, forse perché da ubriaco uno compra la qualunque: io da sobrio non ho visto quasi niente.
Dico quasi perché in un chiosco c’erano gli automata della Flying Pig: ecco, lì mi son fermato un po’.
Gli automata son cose meccaniche fatte di carta o legno, meglio di legno, che uno può costruirsi anche da solo.
In quella che ho visto io, girando una manovella, un dinosauro mangiava la testa di un cavernicolo: il fatto che non gliela staccasse di netto, lo rendeva comunque un giocattolo adatto ai più piccoli.
Ecco, mi affascinava il fatto che un foglio A4 prendesse forma e vita, e diventasse qualcosa di molto complicato, e bello.
Che poi è quello che fanno gli scrittori, in un certo senso.

martedì 4 dicembre 2007

Berlino parte prima: la banalizzazione del male


Al checkpoint charlie [se non sapete cos'è, non è grave: scopritelo qui] ci sono due ragazzi: uno vestito da soldato americano e l’altro da soldato russo: tanto per non sbagliare, uno è nero e l’altro è bianco.
Ci si può mettere in posa con loro, immagino a pagamento, o anche farsi stampare un passaporto lì per lì, con il timbro originale dell’epoca in cui il muro c’era, e non si poteva attraversare.
Per un italiano, farsi fare un passaporto in cinque minuti anziché tre settimane è già un brivido, ma per chi è in cerca di emozioni più forti c’è il ragazzo bianco che fa un po' di teatro: con lo sguardo da duro, confronta il faccione sul passaporto col faccione del turista, che immagino penserà oddio, mi farà passare o mi sparerà?
A Peter Fechter gl’hanno sparato mentre scavalcava, e l’hanno lasciato morire lì: dissanguato.
La pallottola arrivava da est e da ovest non sono arrivati i soccorsi.
Ecco, prima di parlare della Potsdamer Platz e del currywurst, dovevo togliermi questo sassolino.

martedì 27 novembre 2007

Quando il bambino era bambino


Ai tempi in cui ero adolescente, i 33 giri stavano facendo gli ultimi giri: questo significa che io non ho mai avuto un LP mio, e neanche ne ho regalati per il compleanno di qualche amico: cassette sì, dischi mai.
Mio padre invece, che ha 44 anni più di me, possiede una notevole collezione di musica classica della Deutsche Grammophon Gesellschaft in vinile, chiusa a chiave nell’ultimo sportello del comò: nelle parole vinile e comò, ci sono almeno 20 di quei 44 anni di differenza.
Adesso scopro che la Ion ha bello pronto il suo nuovo convertitore di giradischi in mp3: non che la cosa sia proprio nuova, sono io che son distratto.
La cosa non mi piace: mi sembra troppo facile, uno prende i suoi LP e li passa tutti in un ipod, poi mette brani casuali e buonanotte: troppo facile.
Voglio dire, mio padre prende la chiave, apre lo sportello, sceglie il suo disco, uno solo, lo mette sul piatto, posiziona la puntina: è un rito.
Quando ero piccolo mi chiamava sempre per girare il disco, ero così abituato alla cosa che quando il silenzio durava quell’attimo in più, neanche aspettavo che mi chiamasse: era un rito anche per me.
Forse sto invecchiando, e mi chiedo quali sono le parole che mi separano dai quindicenni che vedo per strada: probabilmente commodore64 e supertelegattone.

venerdì 23 novembre 2007

Il recut come bene di lusso


Sento sempre più spesso questa cosa che il vero lusso è avere tempo per sé: l’ultimo da cui l’ho sentita è stato Cavalli, per dire, e nella stessa intervista diceva che i giovani gli trasmettono una grande energia.
Delle mezze stagioni non ha detto niente, ma piuttosto perché gli stilisti conoscono solo l’autunninverno e la primaverestate, mica per altro.
Io c’ho pensato un po’, e ho capito che se avessi veramente tanto tempo per me, starei tutto il giorno a fare recut di film famosi, come quelli che si trovano qua e su youtube.
Funziona così: ti vedi tutto il film con un taccuino in mano, e segni con pazienza quei momenti che, volendo, tradiscono il genere: che ne so, con una bimba risucchiata in un camino Mary Poppins passa in un lampo da film per bambini a vietato ai minori.
Poi ci si mette su una colonna sonora che renda bene l’idea, e con un po’ di pratica ci si può piazzare qualche frase ad effetto o addirittura uno speaker convincente.
A me la prima cosa che viene in mente è trasformare Amelie in un film di fantascienza alla Terminator, oppure trasformare Amelie in un film vero, e non quella presa in giro colossale che, vabbè, è un altro discorso.

mercoledì 21 novembre 2007

Quando l'arte non ha prezzo


A volte inizio i libri e non li finisco, e vivo la cosa con un profondo senso di colpa.
Nel caso di Avere o essere di Erich Fromm, il senso di colpa è stato doppio, perché era chiaro che quel libro mi avrebbe reso migliore, e invece quando ho letto quella cosa che se strappi un fiore per la sua bellezza, lo uccidi, insomma, mi son lasciato prendere dall’ansia e ho chiuso lì.
Fortunatamente ci sono altre cose belle che si possono possedere senza fare troppi danni: le opere d’arte.
Se non avete i soldi, non c’è problema: basta entrare nel Fine Art Adoption Network.
Il concetto di base è: tu hai spazio e io no, tu non hai un oggetto d'arte e io sì: mettiamoci d’accordo.
Ho fatto un giro nell’area Explore Artworks e ho messo gli occhi su qualcosa di Dmitry Borshch, mentre ho trovato un po’ ingombrante, sotto molti punti di vista, la scultura di Jacob Rhodes dal titolo My Grandfather crashed his plane into the island of my father. I was born on that island. I took the wreckage and made a raft. To escape. Into the open ocean.
Voglio dire, è difficile trovare spazio anche solo per la targhetta.

martedì 20 novembre 2007

...


Una head coi puntini di sospensione? Ma no, ma che è? Allora pure con il punto esclamativo! Però aspetta, adesso che mi ricordo, sì: ne ho fatta una anch'io. Vabbè, diciamo che dipende dai casi.

On the rocks


Volevo fare il falegname, fondamentalmente perché lavori ore e ore, però poi alla fine vedi il comodino, l’armadio, il letto: stanno lì, puoi dire l’ho fatto io.
Anche Takeo Okamoto è un artigiano, artista no, non esageriamo: pure lui può guardare con entusiasmo le sue cose e dire l’ho fatto io, però è meglio se si sbriga.
Takeo è uno scultore di ghiaccio di origine giapponese, che vive e lavora a New York: al suo Okamoto Studio ci si va con una foto e un po’ di soldi, immagino tanti, magari mi sbaglio.
Takeo prende la foto, prende un blocco di ghiaccio, e cerca di farli assomigliare il più possibile.
Non lo so, la storia di Takeo mi ha colpito: forse perché riesce a trasformare l’acqua in denaro, che come miracolo non è male, a pensarci.

venerdì 16 novembre 2007

What Women Want, parte seconda


Capita anche di prestare la voce a persone che non hanno più la forza di gridare: le donne, per dire.
[Il copy dell'annuncio è mio]

Milioni di colori


Già mi piace il nome: Bloom: mi piace perché dà l’idea di qualcosa che nasce, qualcosa di bello.
Bloom è un mensile ideato da Li [anche Li è un nome strepitoso, a pensarci] Edelkoort, che di lavoro prevede il futuro: in pratica gli stilisti vanno da lei e chiedono: quale colore l’anno prossimo?
E lei non sbaglia mai.
Viene da chiedersi se il futuro lo legge o lo crea, ma son domande che a farle si passa per profani.
Tornando a Bloom, trattasi di un mensile dedicato ai colori, visti da un punto di vista orto-culturale.
Ogni mese un colore, ogni pagina una foto, ogni foto un pezzo di terra, nel senso di pianeta.
E, rigorosamente, niente pubblicità.
Come si fa a non amarla, una cosa così?

What Women Want, parte prima


Capita di dover lavorare su un annuncio, prestando la voce a persone che più distanti non si può: le donne, per dire.
[Il copy dell'annuncio è mio]

giovedì 15 novembre 2007

Il tempo delle mele


Nel mondo mac mi so muovere abbastanza bene: per dire, ho rianimato il mio ipod 3g da un crash terribile, quindi se avete problemi del tipo ma perché la connessione wireless mi cade ogni due-tre, chiedete pure.
Il mio primo incontro con i mac di nuova generazione è avvenuto in una casa di produzione video.
La saletta del montaggio era sottoterra: dico saletta perché c’entrava una poltrona e il computer e basta.
C’era da sostituire la consolle, non sembrava una cosa facile, un po’ per gli spazi stretti, un po’ per i fili lunghi.
Il tipo ha montato tutto in meno di un minuto, e gli ho detto come cazzo hai fatto?
Con tutto quello che ti sei preso, avrei voluto aggiungere.
Lui mi disse una cosa tipo ogni cavo ha un’entrata obbligata, per non intrecciarli basta cominciare da quelli più esterni.
A pensarci bene: vorrei che fosse tutto così.
[La foto è mia]

mercoledì 14 novembre 2007

Pop, up


Le bolle perché son divertenti, son la prima cosa che vedi quando apri un pacco, son quelle cose superflue che sanno prendersi spazio.
Comunque, non sto qui a dire di cosa si occuperà questo blog, perché sinceramente non ne ho idea.
Spero che si parli tanto di viaggi, perché vuol dire che sto sempre in giro.
Mi piacerebbe scrivere un bel post da Tokyo, dove dico non avete idea di cos’è Tokyo, di cosa sono i giapponesi.
A proposito di viaggi: si parte.